Si moltiplicano, sempre di più, nelle chat di famiglia, tra amici, colleghi: “Avete visto il film di Paola Cortellesi? Andateci perché è bellissimo”. Un sentore comune (per la quasi totalità) che fa rima con vetta del box office. 18 milioni e 905 mila euro. Numeri che mancavano da un po’ sul grande schermo per un titolo italiano, che non sono solo una buona notizia per il settore, ma anche un segnale che da piccolo diventa sempre più grande e deriva dalla visione di una pellicola commovente e carica di significati a più piani.
Aldilà dei gusti, del piace o non piace, i meriti di Paola Cortellesi sono molteplici – e non servivamo noi di certo a ricordarli. All’interno di “C’è ancora domani”, sua opera prima alla regia, c’è il coraggio di raccontare una storia che non è sconosciuta, e forse riguarda molti di noi. Quegli scorci in bianco e nero dell’Italia appena uscita dalla guerra, che però vedevano dentro le case di molte donne un’altra guerra, dolorosa dentro, per gli strascichi che ne sono derivati, ma anche fuori, per i lividi e le ferite. C’è il silenzio di chi è stato al suo posto e la paura, quella di chi ha vissuto sulla sua pelle cos’è stato (ed è tuttora) il patriarcato. Ma anche un messaggio alla società di oggi, che molto spesso dimentica di guardarsi indietro negli anni e si volta solo per disinteressarsi.
Lo fa alle urne, leggendo le notizie del giorno, nelle proprie relazioni, nel quotidiano. Nonostante ci siano state generazioni che con il sangue hanno lottato per imporre i propri diritti e la propria libertà, o anche solo per far sentire la propria voce. Persino “A bocca chiusa”, come canta Daniele Silvestri. Ecco, aggiungere altri punti sarebbe superfluo, ma se c’è una cosa, tra le tante scritte un po’ ovunque, quello che vorremmo consigliarvi è: andatelo a vedere.
[📸 Claudio Iannone, courtesy of Fosforo]