È sempre più difficile tracciare il confine tra moda e scenografia, soprattutto perché negli ultimi tempi il desiderio di creare spettacolo supera di gran lunga il risultato finale degli abiti. Le ultime fashion week ci hanno dimostrato, però, che un margine c’è, ed è quasi sempre meglio non oltrepassarlo. Il fascino e il savoir faire artigianale, valori fondamentali sulle passerelle del passato, hanno infatti lasciato il posto agli show plateali e ai siparietti enfatici, di fronte a un pubblico sempre più confuso sul vero significato di “moda”. Per Coperni, che a ottobre ha incantato con l’abito spray sul corpo di Bella Hadid, quest’anno i look sono passati in secondo piano, sovrastati da una troupe di cani robot che svestivano le modelle. Scenografica ma kitsch anche Nina Ricci, con silhouette estreme e fiocchi mastodontici… ma l’effetto non è catchy quanto Moschino. Per l’inverno Missoni quest’anno ha voluto strafare e, accanto al suo classico motivo geometrico, ha calcato la mano su fiori, ecopellicce e un mix&match un po’ eccessivo. Effetti speciali anche per Louis Vuitton, con modelli che indossavano mascherine al neon, che per un attimo ci hanno distratti dai bermuda in ecopelliccia… ma appunto, solo per un attimo.





Promosso invece Valentino: l’unica cosa che ha “stravolto” è stato il black tie, donandogli un twist glamour e sbarazzino. Eleganza senza sforzo anche per Saint Laurent, che per l’autunno-inverno ha puntato sul suo inimitabile minimalismo guadagnandosi a mani basse il massimo dei voti. Nota di merito per Miu Miu, che da qualche stagione interpreta la contemporaneità con un occhio arguto e irriverente, quest’anno con modelle spettinate e occhiali da segretaria. Una scelta semplice, perciò geniale. Pieni voti per Gucci, che nonostante l’assenza del direttore creativo ha saputo elogiare l’eredità della maison con uno show impeccabile, riportando in vita anche le It Bag del passato. C’è ancora chi però rimpiange il sogno di Alessandro Michele, rimarcando che la maison, senza di lui, non tornerà mai a quell’epoca di splendore.