Questa sera, anche per la co-conduttrice di Sanremo Francesca Fagnani è arrivato il momento di portare sul palco dell’Ariston alcune importanti riflessioni e un suo personale pensiero. Per l’occasione, la giornalista ha scelto di affidare una parte delle sue parole ai detenuti del carcere minorile di Nisida, a Napoli, poiché, come da lei affermato, «Non tutte le parole sono uguali. Alcune per arrivare sul palco di Sanremo devono superare enormi barriere». Anche per questo, quelle da lei attentamente selezionate per questa seconda serata della kermesse sono state scritte insieme ai ragazzi sopracitati, giovani «che stanno scontando la loro pena ma senza cercare la nostra».
Ed è proprio riportando le loro parole, le loro storie e la loro rabbia che la giornalista evidenzia come nonostante i ragazzi abbiano picchiato, rapinato e in alcuni casi anche ucciso, «alla domanda “perché lo hai fatto?” non trovano risposta. Hanno 15 o 18 anni e gli occhi pieni di rabbia, pieni di vuoto».
Ricordando le interviste fatte ad alcuni detenuti adulti, Francesca Fagnani sottolinea come «alla domanda “cosa cambieresti della tua vita?”, quasi tutti mi hanno risposto “sarei andato a scuola”. Perché se nasci in un determinato quartiere o in una determinata famiglia, è solo a scuola che puoi intravedere una vita alternativa da quella già scritta per te da altri. Lo stato dovrebbe offrire pari opportunità ai giovani ed essere più attraente, più sexy dell’illegalità. Quando un ragazzo finisce in un carcere minorile ha fallito lui e abbiamo fallito tutti, ma il suo destino non è irreversibile (…). In Italia, salvo qualche bella eccezione, la prigione non rieduca o reinserisce nella società ma serve solo a punire (…). Facciamo in modo che anche il rapinatore o lo spacciatore una volta fuori cambi mestiere».