“Lo ha detto la tv”, si diceva una volta. Era un bollino di qualità, una sorta di autorevolezza che sentenziava la veridicità di una cosa piuttosto che di un’altra. Era una volta, però, perché ora la televisione del primo canale, poi del secondo e terzo, delle tv commerciali e dei tasti del telecomando che man mano hanno assunto sempre più numerazioni, ha perso la sua autorevolezza e i numeri che la rendevano forte. E il che non è necessariamente un male, ma è il segno dei tempi che cambiano. D’altronde di grandi personaggi che hanno aperto ai nuovi grandi media digitali, all’estero, abbiamo tantissimi esempi. In Italia, anno dopo anno, con Prime Video, Disney+ e Paramount+ abbiamo visto qualcosa di simile. Ma c’è un annuncio, nello specifico, che ieri sera sembra aver sentenziato una notizia già nell’aria: la tv generalista è morta.
A farne il funerale, simbolicamente, stavolta è stata Netflix che zitta zitta si è presa una dei volti più riconosciuti dal piccolo schermo. Quello più discusso dai rotocalchi nell’ultimo anno e mezzo e più desiderato da qualsiasi media per le sue vicissitudini amorose: Ilary Blasi. La scelta della conduttrice, di raccontare la sua “storia” di detti e non detti sulla piattaforma streaming, piuttosto che in un talk in fascia pomeridiana o in prima serata, rappresenta un po’ il canto del cigno della tv generalista, che ha fatto la storia ma come tutte le cose belle vede forse sempre più vicina la fine della corsa.
Lo dicono i personaggi, sempre più tendenti ai docufilm, alle serie in più puntate, che significano sicuramente più soldi, più libertà e meno intralci, ma anche il pubblico che preferisce sempre di più scegliere quando e dove vedere i suoi show preferiti. Segnali che smascherano pezzo pezzo un impianto che ha gli ingranaggi arrugginiti e si arrovella su titoli rodati con i volti più noti, senza più sperimentare. Nel frattempo, però, le piattaforme streaming, quasi in silenzio, fanno match point. E dicono sottovoce: game, set, match.
[📸 MDPhoto / IPA]