Matteo Paolillo e il suo nuovo album “Come te”: “Cantante o attore? Io dico sempre…”

Si chiama “Come te” ed è l’opera prima di Matteo Paolillo, alias Icaro, alias Edoardo Conte in “Mare fuori”, in uscita oggi, venerdì 19 maggio. Ed è proprio da questo dualismo che parte l’attore e cantante, nell’intervista che ci ha concesso, citando i versi che lui stesso ha scritto e cantato nel suo EP “Edo”, nel brano chiamato “Edo Freestyle”: “M’azzecc’n’a cervell, ma si attor o si cantant?”. La risposta è semplice: «Sono entrambe le cose. Io dico sempre questo: per me l’arte ha la stessa fonte e poi si esprime in forme diverse. Che possa essere dare corpo e voce a un personaggio con la recitazione, o dare voce e anche, in un certo senso, corpo a qualcosa che scrivo direttamente io».

In 11 tracce c’è in essenza Paolillo uno e trino, che riflette sull’amore, tra l’italiano e il napoletano, sulla concezione del tempo, come nel primo singolo “Liberatemi”, ma che ci fa anche ballare – grazie alla produzione di Lolloflow – con la cassa dritta di “Vipera”, vera perla del disco con tanto di cit a Pino Daniele, un po’ come la canzone che dà il titolo al disco “Come te”. Non manca, direttamente dalla serie “Mare Fuori”, la versione di Paolillo dell’ormai celebre “Origami all’alba”, così come un remix della sigla divenuta iconica “O’ Mar For” realizzato da Deborah de Luca. Tra i duetti del disco spicca anche Clementino in “Uragano”. Ma se, sfociando nei sogni, Paolillo dovesse scegliere un feat da realizzare, con chi lo farebbe? «Ed Sheeran o Travis Scott», dice ridendo. E chissà che magari, oltre al “Mare fuori”, il suo talento non lo porti a conquistare anche ciò che è oltre l’oceano… Noi di Whoopsee intanto siamo andati a Roma per intervistarlo e farci raccontare un po’ di più sull’album e sulla sua carriera!

Citando i versi della tua canzone “Edo Freestyle” dal tuo EP “Edo”: “M’azzecc’n’a cervell, ma si attor o si cantant?”. Come ti sei risposto?

Diciamo che tendenzialmente si tende a etichettare molto le persone, come gli artisti, ma un po’ in generale. E quindi c’è la tendenza a definire: “Sei attore, sei cantante”. MA ancora non c’è una concezione per capire che le due cose possono andare di pari passo. O comunque non c’è un termine che specifica sei sia attore che cantante, quindi questo fa un po’ strano. Come mi sono risposto? Sono entrambe le cose. Io dico sempre questo: ovvero che per me l’arte ha la stessa fonte e poi si esprime in forme diverse, che possa essere dare corpo e voce a un personaggio con la recitazione o dare voce e anche in un certo senso corpo a qualcosa che scrivo direttamente io.

In ambito musicale sei conosciuto anche come Icaro. Visti i tanti campi in cui ti avventuri, ci racconti in quale di questi hai paura di volare?

Il tema di Icaro non è qualcosa che si riferisce solamente alla paura di volare, non è una cosa che riguarda solamente me, ma me inserito nel contesto sociale. Quindi guardandomi intorno, mi rendo conto che in qualche modo la società ci impone a questa sindrome del supereroe, a dover fare sempre di più, come se non fosse mai abbastanza, a dover sempre rispettare dei tempi – qui veniamo a “Liberatemi” (il suo singolo ndr) -. E in qualche modo pensiamo che dobbiamo fare le cose come le vogliono gli altri, mentre ognuno di noi c’ha il suo ritmo, i suoi tempi e ha le proprie qualità. Poi dico molto anche questa frase di Einstein: “Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido”. E quindi, ecco, magari uno è in grado di nuotare però vuole arrampicarsi sugli alberi. Quindi questa è un po’ la tematica di Icaro. La paura di volare sta proprio in questo: cioè riconoscere quelle che sono le proprie caratteristiche, il proprio ritmo, senza essere condizionato da quello che fanno gli altri. Perché c’è molto questa tendenza.

Il primo singolo del tuo nuovo album “Come te” si chiama “Liberatemi”. Da cosa ti vuoi liberare?

“Liberatemi” si riferisce a “liberatemi dalla schiavitù del tempo”. Ma più in generale, la libertà è proprio relazionato a quello che dicevo prima è la libertà di essere sé stessi. Di andare incontro al proprio ritmo e non a quello che vogliono gli altri. Molto spesso siamo appunto condizionati. Quindi il concetto di libertà e anche di rispetto della diversità, secondo me, sta in questo. Riconoscere il fatto che siamo tutti diversi, anche se siamo tutti uguali. Però tutti uguali non significa tutti fatti allo stesso modo. Significa che ognuno ha il suo ritmo, che quindi se una persona per fare una cosa “x” impiega un giorno, un’altra persona magari ha bisogno di una settimana. Perché dipende da come siamo fatti. Non significa che sei meno perché ci metti più tempi, perché magari su un’altra cosa sei più veloce. Banalmente io, per esempio, non sono molto veloce a fare determinate manuali e magari ci metto una vita, faccio un esempio stupido, a sgrovigliare le cuffiette. Magari c’è una persona che in un secondo le sgroviglia, per dire. Ognuno ha il suo ritmo, questo è quello che intendo.

Nel disco tra le collaborazioni c’è un featuring con Clementino in “Uragano”. Se ci dovessi pensare ora, il prossimo duetto che vorresti fare quale sarebbe? Anche un sogno nel cassetto…

Diciamo che in questo momento vorrei lavorare con persone che mi stimolano, quindi aldilà di quello che può essere una forza artistica loro. Dev’essere qualcosa che mi è vicino. Quindi se penso in Italia, magari ci sono tanti nomi, ma poi devo affettivamente conoscerli per sapere se mi sento bene. Se devo pensare a un sogno… all’estero, allora ti posso dire qualsiasi nome così. Che so, voglio fare un feat con Ed Sheeran o Travis Scott (ride ndr).

Che sensazioni hai provato a salire sul palco dell’Ariston a febbraio e soprattutto: la prossima volta a Sanremo ci vorresti tornare da cantante in gara?

Intanto quando sono stato a Sanremo è stata un’emozione inspiegabile. Perché non è solamente il pubblico in sala che ti emoziona. Ma sapere che sei su quel palco e non ti puoi sbagliare, perché quando Sali su quel palco c’è scritto Sanremo davanti a te. E quindi è stato così emozionante che non ho mai sentito il mio cuore battere così forte e le gambe tremare così forte. Però nonostante questo, comunque, ho cantato come volevo cantare. Non so se è il momento di andare in gara a Sanremo, non me lo sto chiedendo. Adesso voglio dedicarmi a questo disco, al tour, a continuare il mio lavoro da attore e poi vedremo.

Però è un sogno…

Mah, in questo momento no.

La sigla “O’ mar for” è ormai iconica, tanto quanto, ovviamente, la serie “Mare fuori”. Ci racconti come ti è nata l’ispirazione e dov’eri?

Io ero in pausa estiva dal set, avevamo già cominciato le riprese della prima stagione. Ero in camera mia a Roma, pensando al personaggio volevo dargli speranza in qualche modo. Quindi per me la musica in quel momento era preparazione per il personaggio. Mi è frullato in testa questo ritornello, ho chiamato Lorenzo, il mio producer, gli ho detto: “Mi serve una base più o meno così”. E lui nel giro di qualche ora mi ha mandato la bozza di quella che poi sarebbe stata “O’ mar for”. Ho buttato giù il ritornello, e poi ho scritto le strofe. Ero in camera mia a Roma.

A proposito dell’esperienza che stai continuando a vivere con “Mare fuori”, hai creato dei rapporti con alcuni del cast…

Il set di “Mare fuori” è stato occasione di stringere amicizia con persone che magari prima non conoscevo e con cui però abbiamo condiviso un’esperienza importante. E poi anche tutto il successo che la serie ha avuto, è stato qualcosa che in qualche modo abbiamo condiviso. E quindi ci siamo ritrovati a vivere, prima durante il set, poi dopo, tante condizioni di vita simili. E per questo ci siamo capiti a vicenda facilmente. Questo, aldilà degli impegni personali di ognuno, è rimasto nel tempo. Aldilà dell’amicizia e del passare il tempo insieme, il bello è avere anche degli scambi artistici. Tante volte magari ci ritroviamo a fare delle conversazioni sull’arte, sulla recitazione, su tanti argomenti che sono stimolanti. Quindi è bello avere degli amici colleghi che siano così stimolati a crescere e a farti crescere.

E con Giacomo Giorgio invece, nello specifico, quando vi siete conosciuti?

Con Giacomo ci siamo conosciuti tanto tempo fa, anni fa, perché dovevamo fare insieme il provino per Gomorra 3, se non sbaglio. Lui non viveva a Roma. Siccome eravamo della stessa agenzia mi chiese ospitalità, per cui ci siamo conosciuti così, perché io l’ho ospitato in casa. Abbiamo condiviso questa cena fatta da me, molto arrabattata, probabilmente avrò fatto una pasta col sugo pronto, così. Poi abbiamo preparato questa scena e il giorno dopo siamo andati a fare il provino insieme. Siamo rimasti in contatto ma non ci siamo visti molto, anche perché lui non viveva a Roma. Dopo un paio d’anni, forse 3, quando sono andato a fare la prova costume per “Mare fuori”, ho visto la sua faccia con scritto Ciro, sul muro dove c’erano tutti i personaggi. L’ho chiamato, ero in stazione a Napoli mentre tornavo a Roma. L’ho chiamato e gli ho detto: “Come stai? Da quanto tempo non ci sentiamo, ti volevo dire che saremo compagni di cella”. E lui: “Ma che stai dicendo?!” (ride ndr). è stato bello poi ritrovarsi e approfondire il nostro rapporto che comunque all’inizio non c’eravamo conosciuti così tanto. Poi abbiamo condiviso anche la casa a Napoli, i primi tempi, durante le riprese. E poi siamo rimasti sempre in contatto, ci vediamo a Roma, abbiamo fatto un sacco di conversazioni insieme. Ci confidiamo…


Avete inciso anche una canzone insieme…


Sì, durante le riprese della prima stagione. Perché volevamo raccontare qualcosa, quando non c’era ancora la percezione di quello che sarebbe stato “O’ mar for”, di quello che sarebbe stato “Edo”, ecc. Io prendevo spunto dai personaggi per tirare fuori la musica. Noi ci eravamo parlati molto su quello che era il nostro rapporto dei personaggi, siamo stati molto tempo insieme prima delle riprese della prima stagione per domandarci del nostro rapporto. Anche perché dovevamo essere compagni di cella e dovevamo raccontarlo in pochissime scene di relazione tra noi. Ci siamo fatti un sacco di domande, abbiamo ragionato un sacco su quello che è l’antefatto della prima stagione. Poi su quella scia abbiamo voluto fare questa canzone su quello che erano Ciro ed Edoardo prima della prima stagione.

Ci diresti tre aggettivi con cui descriveresti il tuo personaggio Edoardo e tre con cui ti descriveresti, tu Matteo?

Allora, è sempre difficile sintetizzare. Edoardo secondo me è impulsivo, sensibile ed è caotico, che può essere anche un po’ impulsivo, però insomma ce lo facciamo andare bene… per quanto riguarda me, invece, colleghiamolo a Edoardo e metto sensibile. Perché Edoardo c’ha la mia sensibilità. Creativo e… non lo so (ride ndr).

“Oh Mattè, mo si famos? O Mattè, e ja, na foto…” cantavi ancora in Edo Freestyle, quanto è ricorrente questa cosa nella tua vita?

“Edo freestyle” nasce un po’ su quello che mi stava succedendo in quel periodo e quindi ironicamente ci volevano essere queste frasi che erano un po’ le frasi che io sentivo quotidianamente. È per questo che fa parte del brano.

Ma quella frase si verifica anche ora?

Beh, ora anche di più.

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