Abbiamo visto passare secoli, studiato storia sui libri di scuola, abbiamo sognato l’epoca modernissima e ce l’abbiamo qui, tra le mani. Ma siamo soli, a bocca chiusa, e lasciamo soli. Mossi da un’indifferenza nei confronti di ciò che ci circonda. Nelle cose più piccole, ma anche su temi più grandi. Capita poi che ci siano delle notizie che ci sconvolgano, come a svegliarci dal sonno e catapultarci in un incubo. È stato così negli ultimi giorni per Giulia Cecchettin, la ragazza uccisa per mano del suo ex fidanzato Filippo Turetta.
L’ennesima tragica notizia che aumenta il conteggio pubblicato dal Viminale il 13 novembre 2023. 102 le donne uccise in Italia dal 1° gennaio (bilancio già salito a 105), tra queste 53 (o meglio 54, con Giulia) per mano di un partner o ex partner. Bilanci tragici che ci rispiegano dove sia l’emergenza. È nascosta, sotto un tappeto, pronta a uscire fuori quando accade di nuovo. Ancora, e poi ancora. Puntualmente ci ritroviamo lì, a chiederci: ma com’è potuto capitare? La risposta c’è: lo sapevamo, ma abbiamo taciuto. Perché lo schema che porta in alcuni casi a questi tragici epiloghi è reiterato, è lo stesso da secoli e vede l’uomo responsabile.
Dice Elena Cecchettin, sorella di Giulia: «Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I “mostri” non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro». Donna debole, uomo forte. C’è chi ancora oggi lo pensa, non troppo di nascosto, e abusa del privilegio che la società gli ha dato. Tutto questo ci fa chiedere: ma c’è ancora un domani? Senza un’educazione affettiva nelle scuole seria, senza dei centri antiviolenza presenti in maniera capillare, senza il cambiamento di quei comportamenti quotidiani piccoli all’apparenza, specie degli uomini, no. Ma è soprattutto con il silenzio e l’indifferenza che non c’è un domani. Per questo Elena chiude la lettera al Corriere della Sera con un invito: «Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto».